Corrado d'Elia, deus ex machina del minuscolo ma sempre esaurito Teatro Libero di Milano, è appena tornato dalla Sicilia, dove ha appena ricevuto il prestigioso Premio Pirandello. Un riconoscimento ma anche un momento speciale nella sua carriera, che gli ha acceso la lampadina di un progetto legato alla Sicilia. Ora, dopo i grandi nomi e l'incredibile successo dell'iconico Cyrano (che ritorna in cartellone anche quest'anno), D'Elia ha sfidato un testo sovraesposto come "La Locandiera" di Goldoni proponendola in una versione vivace e "made in plastic" che resterà in cartellone fino all'inizio del 2010.
Mirandolina è un po' l'emblema della DONNA, sia essa in gonnellone settecentesco che in tuta rosa shocking. Pensi che la figura "donna" sia evoluta negli anni o che antropologicamente sia rimasta inalterata?
Io credo che la donna sia molto cambiata. Bisogna partire anche dall'idea che aveva Goldoni della donna. Molti pensano che abbia scritto La Locandiera per delineare positivamente la figura di Mirandolina; in realtà lui fa una prefazione in cui dice che l'opera è dedicata agli uomini, per metterli in guardia da donne così. C'è un'accezione molto misogina da parte di Goldoni e anche la stessa Mirandolina, più volte nel testo, è conscia del giudizio. Anche quando sposa Fabrizio lo fa "per accomodare", per far sì che la gente non pensi male. Per fortuna la figura della donna è molto cambiata, ormai non è quasi più così. Ma un giorno finiranno anche le pari opportunità, ora l'orizzonte non è più tanto da noi, ma nei posti in cui le donne veramente soffrono per essere donne, penso per esempio all'Iran, dove sono stato per lavoro.
Ma è vero che in amore vince chi fugge?
In amore spesso vince chi fugge, sì. Anche se secondo me è più vero il contrario: chi troppo insegue rimane non amato. E' la regola del desiderio: diventi matto per una cosa che non hai. Quando ce l'hai, poi è come se perdesse importanza.
Da dove nasce questo allestimento così energico, colorato, brioso, volutamente manieristico?
In realtà sono partito da una difficoltà. Mettere in scena oggi la Locandiera è difficile. Avevo come termine di paragone tutti gli allestimenti degli ultimi 30 anni, che ci ossessionano con questo Goldoni noir. Quindi, di reazione, ho pensato a qualcosa di positivo....Goldoni poi scrive in modo effervescente e anche il '700 è un secolo meraviglioso: grandi compositori, musiche splendide, le invenzioni, l'uomo al centro di tutto. Poi è vero che c'è questa maniera, questo manierismo a volte forzoso. E poi avevo l'idea del colore: ogni volta che entro in teatro mi sembra di entrare nella casa della Barbie. In fondo io volevo ricreare la finzione e la finzione si sposa bene col colore rosa, molto d'impatto, di plastica, che è poi un materiale perfetto.
E la scelta di di "Amoreux Solitaires" di Lio come colonna sonora? E' davvero centrata.
Non è un caso, anche se sembra casuale. Abbiamo fatto dei seminari con gli attori per mesi, quindi la scelta è stata operata con cura...la partenza era: "scegliere una musica di plastica" e a un certo punto c'erano tantissime opzioni. E come musica di plastica a me venivano in mente gli anni '80. Qualche giornalista mi ha detto che è un allestimento anni '80, ma non è così, non c'entrano proprio niente gli anni '80. Prima di fare Milano abbiamo portato la Locandiera in tanti teatri di provincia ed è interessante vedere come appena parte questa musica tutti applaudono, tengono il ritmo.
Dopo i grandi personaggi e i grandi testi che hai affrontato, da Caligola ad Amleto, da Cyrano a Novecento, cosa vorresti fare? Nuove idee?
I prossimi impegni non credo saranno grandi testi, ma non ho certezze. Per me non è importante il cosa, ma il come. Parlare al nostro pubblico con il linguaggio di oggi: questo è l'imperativo, sia che tu faccia Shakespeare o il più contemporaneo degli autori. Da un lato mi piacerebbe tornare a Molière con un grande testo, dall'altro l'incontro con Pirandello e questo premio mi ha messo in mente di lanciare un progetto legato alla Sicilia, una terra di confine, legata al caso, alla maschera.
Siamo abituati a sentir parlare di Corrado d'Elia regista e attore. Ma come uomo, cosa ti piace fare? Che tipo sei?
Amo tantissimo la solitudine. Questo perchè sono portato ogni giorno a incontrare persone, a condividere progetti e cose con gli altri. Per me è difficile stare solo, ho bisogno anche di ozio. E' un momento di anima a maggese, da lì poi devi riseminare. Ora avevo due giorni adesso... sono stato in un posto in Germania dove non c'è niente, un silenzio miracoloso. Amo andare a teatro e al cinema da solo...ma attenzione, non è che sono il nonno di Heidi, è che a volte però inseguo il piacere della solitudine.
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